Per un piano europeo di sviluppo sostenibile
Autore: Alfonso Iozzo
Data: Ottobre 2011
In un contesto globale in profonda evoluzione, con il nuovo protagonismo dei Paesi emergenti, l’Unione europea deve inserirsi con successo nel nuovo ciclo economico mondiale optando per un uso razionale ed efficiente delle risorse naturali (alimentari, energetiche) e trasformando il suo sistema economico e produttivo in modo equo e sostenibile.
Le proposte avanzate in questa difficile fase dell’economia europea sono apparse spesso nella giusta direzione, ma, essendo limitate ai singoli quadri nazionali, ne compromettono la realizzabilità, l’efficacia, l’economicità.
E’ invece indispensabile il varo di un “piano europeo”, dell’importo di circa 300/500 miliardi di euro, da erogare nell’arco di tre/cinque anni, finalizzato al rilancio degli investimenti, coinvolgendo la Banca europea degli investimenti (BEI) nella istruttoria e gestione degli interventi, da effettuare attraverso un “Fondo Patrimoniale” che mantenga la proprietà degli investimenti effettuati, al fine di disporre – con un reddito sia pure differito – di risorse per le nuove generazioni.
Il piano dovrebbe essere accompagnato da un rilancio del Fondo europeo destinato a finanziare gli effetti della globalizzazione sul lavoro, utilizzando i proventi della tassa sulle transazioni finanziarie nell’ordine di 30 miliardi annui. Il “Piano” dovrebbe consentire la creazione di almeno 20 milioni di nuovi posti di lavoro, dimezzando così l’attuale tasso di disoccupazione.
In tale quadro, il bilancio europeo dovrebbe, a termine, essere finanziato esclusivamente da risorse proprie e la “carbon tax”, quella sulle transazioni finanziarie, la nuova IVA europea ne dovrebbero essere le componenti essenziali.
Qualora si riscontrassero insuperabili difficoltà per la partecipazione di tutti gli Stati al Piano, occorrerebbe prevedere la possibilità procedere da parte di un gruppo di Paesi membri, attivando le norme sulle cooperazioni rafforzate, specialmente da parte dell’Eurogruppo e degli Stati che volessero associarsi.
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