Macron e il finanziamento del bilancio europeo
Alberto Majocchi
Commento n. 116 - 3 Ottobre 2017
Nel discorso che il Presidente Macron ha tenuto a La Sorbonne annunciando una “Iniziativa per un’Europa sovrana, unita, democratica” in quanto “soltanto l’Europa può restituirci una capacità di azione nel mondo, a fronte delle grandi sfide contemporanee”, sono presenti novità significative. Già fin dal suo insediamento all’Eliseo Macron aveva messo l’accento sulla necessità di introdurre un bilancio dell’eurozona (“perché l’Europa ha bisogno di più investimenti e di mezzi per stabilizzare gli shock economici”) e di creare la figura di un Ministro dell’Economia e delle Finanze per gestire la politica economica dell’area euro. Ma nel discorso a La Sorbonne ha avanzato proposte precise, e di grande rilievo, in particolare sul problema del bilancio.
Non soltanto ha specificato gli obiettivi che un bilancio europeo deve perseguire: “ridurre le divergenze e sviluppare i nostri beni comuni: la sicurezza, la protezione rispetto ai fenomeni migratori, la transizione al digitale, la transizione ecologica, una vera politica di sviluppo e di partenariato e, innanzitutto, la moneta”, ma ha altresì sottolineato che la produzione di questi beni comuni deve essere finanziata. E a questo proposito ha specificato che “le imposte europee nel settore del numerico o ambientale potranno costituire una vera risorsa europea che finanzi le spese comuni”. Al di là di queste forme di prelievo ha proposto di riflettere sulla possibilità di “destinare almeno in parte un’imposta per questo bilancio, per esempio l’imposta sulle società una volta realizzata la sua armonizzazione”.
Per quanto riguarda le imposte nel settore digitale Macron sottolinea con forza che, in un mondo integrato, la concorrenza deve essere leale. Per questa ragione “non è accettabile di avere attori europei che sono tassati e attori internazionali che non lo sono, attori del settore numerico che non subiscono alcuna tassazione e che fanno concorrenza ad attori dell’economia tradizionale che pagano le imposte”. In realtà, a proposito della web tax, qualcosa già si muove. I Ministri dell’Economia di Germania, Francia, Italia e Spagna hanno presentato alla riunione informale di Ecofin a Tallinn la proposta di introdurre una Equalisation Tax parametrata al volume d’affari generato in Europa dalle compagnie digitali e, con altri sei paesi (Austria, Bulgaria, Grecia, Portogallo, Romania, Slovenia), hanno sottoscritto una dichiarazione politica in cui sottolineano la necessità di procedere rapidamente e chiedono alla Commissione di avanzare una proposta legislativa. La Commissione ha quindi presentato una prima Comunicazione (A Fair and Efficient Tax System in the European Union for the Digital Single Market) in cui esamina le diverse opzioni possibili per introdurre questo tipo di prelievo.
Macron ha anche auspicato che il partenariato con l’Africa diventi un elemento centrale per la rifondazione del progetto europeo e, al fine di reperire le risorse necessarie, il Presidente francese propone di “rilanciare su nuove basi il progetto di una tassa europea sulle transazioni finanziarie”. Macron rileva che la Gran Bretagna ha già introdotto una misura simile – lo Stamp Duty– e osserva che “se noi decidiamo collettivamente di adottare l’imposta britannica, nessuno potrà dire che si verranno a creare svantaggi competitivi per l’Unione europea”. Un’imposta simile, con aliquota moderata, ma una larga base imponibile, può quindi rappresentare un primo passo per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, destinata a fornire risorse importanti al bilancio europeo.
Ma l’elemento più importante che emerge dall’intervento di Macron rispetto alle risorse da destinare al finanziamento del bilancio europeo riguarda certamente la carbon tax. Il Presidente francese sottolinea innanzitutto che “una chiave fondamentale per il riacquisto della nostra sovranità europea è di essere capaci di rispondere alla prima delle grandi trasformazioni del mondo, la transizione ecologica. Questa trasformazione rivoluziona il nostro modo di produrre e di distribuire, e i nostri comportamenti. L’Europa deve essere all’avanguardia di una transizione ecologica efficace ed equa. A questo fine, dobbiamo trasformare i nostri trasporti, le nostre abitazioni, le nostre industrie. Ma se non avremo negli anni a venire un prezzo significativo per tonnellata di carbonio al fine di consentire un riorientamento profondo delle nostre economie, allora i nostri sforzi saranno inutili”.
Partendo da questi presupposti Macron avanza proposte concrete su tre livelli. Il primo riguarda il prezzo che deve gravare sulle emissioni di CO2 che, per essere efficace, non deve essere inferiore a 25-30 euro per tonnellata. E’ il prezzo minimo per promuovere la trasformazione dell’economia europea, per sostenere i settori in difficoltà a fronte della transizione ecologica e per accompagnare i territori che soffriranno della trasformazione delle strutture produttive. Una carbon tax che fissi un prezzo minimo pari a 25-30 euro è già in grado di fornire un gettito che oscilla per la UE a 27 fra i 55 e i 66 miliardi di euro, con un impatto sul prezzo della benzina pari a circa 0,11 euro al litro..
Il secondo obiettivo indicato da Macron è la realizzazione di un mercato europeo dell’energia che funzioni veramente. In questa prospettiva, la gestione della politica energetica europea dovrebbe essere inquadrata in una nuova Environment and Energy Union (EEU), nata da una trasformazione dell’Euratom. Una revisione del futuro dell’Euratom è stata in effetti proposta da Juncker nella “lettera d’intenti” collegata al suo Discorso sullo Stato dell’Unione, preannunciando la presentazione da parte della Commissione di una Comunicazione su questo tema che la preveda.
Nel quadro della EEU la carbon tax potrebbe svolgere un ruolo simile a quello previsto dal Trattato CECA che, all’articolo 49, autorizzava un prelievo sulla produzione di carbone e di acciaio, destinato a finanziare la ristrutturazione della produzione in questi settori. La carbon tax può quindi essere concepita non soltanto come uno strumento per correggere le esternalità negative legate ai consumi di energia fossile, ma altresì come un prelievo finalizzato a sostenere la ricerca e la produzione nel settore delle energie rinnovabili e, al contempo, a favorire le profonde trasformazioni strutturali legate alla contrazione delle produzioni tradizionali che utilizzano combustibili fossili e alla progressiva ristrutturazione del settore nucleare, oltre che a sostenere la riconversione della forza lavoro impiegata nei settori in declino.
Ma l’introduzione della carbon tax secondo Macron – e questa è la proposta più significativa – sarà politicamente accettabile soltanto se “le industrie europee più esposte alla mondializzazione saranno messe su un piede di parità con le imprese concorrenti che provengano da altre regioni del mondo meno esigenti in materia ambientale. Per questo una tassa alle frontiere sul carbonio è indispensabile”. Macron indica così la via da seguire se si vogliono evitare problemi di carbon leakage e perdita di competitività per le produzioni europee, in modo tale da rendere effettiva la transizione ecologica, avviando l’Europa verso un nuovo modello di sviluppo sostenibile.
In conclusione, si tratta di un intervento ricco di suggestioni, ma anche realistico, che propone finalmente in modo serio il problema del finanziamento del bilancio dell’Unione al fine di realizzare le trasformazioni strutturali necessarie per rendere l’economia europea in grado di affrontare con successo le sfide competitive in un mondo post-industriale.
Alberto Majocchi é Professore Emerito di Scienza delle Finanze all’Università di Pavia, Vice Presidente del Centro Studi sul Federalismo