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Lettera aperta al ministro Wolfgang Schäuble

5 giugno 2012

Siamo lieti di segnalare la “lettera aperta” che Antonio Padoa-Schioppa (già Presidente del CSF e attuale membro del Consiglio del Centro) ha indirizzato al Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, pubblicata da Il Sole 24 Ore il 30 maggio scorso, con il titolo “Berlino punti sull’Europa federale”.

 

Lettera aperta al ministro Wolfgang Schäuble

Antonio Padoa-Schioppa

 

Signor Ministro, consenta a un italiano cittadino europeo di esprimere, rivolgendosi a Lei, la profonda preoccupazione, anzi l’angoscia per quanto sta accadendo in questi giorni.

La determinazione della Germania e del suo governo a perseguire il rigore dei conti pubblici non è cosa nuova, perché è stata ben chiara sin dal Trattato di Maastricht. Ciò che più conta, questa è una scelta giusta e sana, che ogni Paese dovrebbe far propria, perché indebitarsi fuori misura significa caricare i nostri figli e nipoti di un peso che li sacrifica ingiustamente a nostro vantaggio. Credo che oggi, anche per merito del governo tedesco, questo messaggio sia ormai divenuto chiaro a tutti. Il Fiscal compact ha rafforzato gli strumenti per renderlo operante. Con il governo di Mario Monti anche il mio Paese sembra averlo - finalmente - compreso.

Ma questo non basta. In una condizione di economia in recessione, una cura frettolosa e male applicata può addirittura uccidere il malato. I bilanci nazionali invece di risanarsi si deteriorano ulteriormente perché l’economia decresce, le entrate si riducono e lo spread determinato dai mercati sale sino al punto da rendere il risanamento impossibile. Il caso della Grecia è esemplare.

Doveva essere reso chiaro sin dall’inizio – e deve essere ancora più chiaro ora – che nessun Paese dell’eurozona sarà abbandonato a se stesso. Il salvataggio della Grecia, beninteso a certe condizioni, è giusto, è doveroso, è indispensabile. La sorte dell’euro, ormai la seconda moneta mondiale, sarebbe segnata se un Paese ne venisse espunto. E il danno per gli altri Stati membri, Germania inclusa, sarebbe gravissimo anche in termini economici, finanziari, bancari. Guai ad affermare irresponsabilmente che l’uscita della Grecia è possibile.

La Germania ha in questa fase una responsabilità storica enorme, superiore a quella di ogni altro Paese dell’Unione. La situazione dell’eurozona sta ormai diventando ingestibile. La vostra economia, la più forte del continente, sta addirittura traendo vantaggi dalla crisi degli altri Paesi dell’Unione. Il vostro debito pubblico è di un terzo più basso di quello italiano, ma gli interessi sono per voi incomparabilmente più favorevoli: oggi sono vicini allo zero, mentre in Italia sono al 5%. Tutto questo è sbagliato, ci sta portando su un binario morto.

A torto o a ragione (non voglio qui affrontare la questione) il Governo tedesco sta accreditando in Europa la nascita di un sentimento antitedesco che speravamo fosse esorcizzato per sempre. Se questo accadesse, sarebbe terribile. Sarebbe la fine del sogno (divenuto realtà) di una Germania europea, che da sessanta anni ha sostituito l’incubo di un’Europa tedesca. Sarebbe né più né meno che la fine del disegno d’unione dell’Europa. Se uomini del Suo Paese che hanno il passato e il prestigio di Helmut Kohl, di Helmut Schmidt, di Gerhard Schröder, di Joschka Fischer, di Jürgen Habermas, di Ulrich Beck – per limitarci a qualche nome illustre – hanno lanciato in queste settimane angosciati gridi di allarme, non c’è forse da preoccuparsi? Non c’è forse da correre ai ripari e da ripensare con urgenza al da farsi?

Il governo tedesco sta scherzando col fuoco. Lei questo deve saperlo.

Non abbiamo dimenticato il documento storico con il quale Lei, ministro Schäuble, insieme con Karl Lamers avete nel novembre del 1994 prospettato la transizione dell’Europa comunitaria verso un’unione federale. Quello che allora era solo un nobile auspicio è divenuto oggi la sola concreta alternativa realistica alla crisi dell’unione. Il suo disfacimento sarebbe un disastro paragonabile a quello di una terza guerra mondiale. Il solo progetto che nel secondo Novecento ha riscattato l’Europa agli occhi del mondo svanirebbe per sempre, precipitando nel ricco deposito dei fallimenti di cui è disseminata la storia umana. Lei sa tra l’altro benissimo – tutte le voci sono concordi su questo – che la crisi dell’euro innescherebbe, in pari tempo, anche una crisi gravissima dell’economia della stessa Germania.

A quali condizioni, così stando le cose, il Suo governo è disponibile a mettere l’euro in sicurezza e ad appoggiare l’istituzione di una vera fiscalità europea, con il supporto del Parlamento europeo? Questo necessario complemento dell’unione monetaria era stato individuato con chiarezza sin dall’inizio: era stato tra l’altro proposto dalla Germania agli altri Stati membri della CEE fin dal 1992; ma senza successo a causa delle riserve francesi. La richiesta va rinnovata ora anzitutto alla Francia e agli altri Paesi dell’eurozona. La crisi attuale la rende ormai ineludibile.

Qui è il punto decisivo. Se la condizione che la Germania pone per il varo di un grande piano di sviluppo sostenibile al livello europeo, per la creazione di una vera fiscalità europea con risorse e imposte proprie dell’Unione e per l’assunzione di una responsabilità comune per i debiti sovrani dei Paesi dell’eurozona – misure strettamente legate, beninteso, al risanamento dei propri conti operato con determinazione dai Paesi in difficoltà – è la formazione di un governo democratico dell’Unione, cioè la decisione comune di dar vita ad un vera unione politica federale, inclusiva della difesa e della sicurezza comuni, responsabile davanti al Parlamento europeo e al Consiglio degli Stati dell’Unione, questo venga detto e richiesto con chiarezza dal governo tedesco. Ora, non in un futuro indeterminato.

Naturalmente si tratta di un percorso complesso, ma ciò che conta è stabilire e condividere l’obbiettivo, individuando con tempi certi le tappe intermedie. Anche i mercati, che sono tutt’altro che ciechi, ne prenderebbero atto, ben prima che il progetto giunga al traguardo.

Siamo convinti che se la Germania proporrà questo all’Europa la risposta non potrà che essere positiva. Il Parlamento europeo, il solo organo che rappresenta democraticamente i cittadini europei, dirà sì. L’Italia dirà sì. Una gran parte dei governi dell’Unione europea dirà sì. E questa volta la Francia esiterà a respingere una via, che è la sola che può portare l’Unione, anzitutto l’Eurozona, fuori dalla crisi, verso lo sviluppo sostenibile, verso il futuro.